martedì 29 settembre 2009

Popoli senza storia

Cos'è un popolo, senza la sua Storia? Come una Nazione può definirsi tale, se si ignorano le proprie origini? Alcuni direbbero che “sarebbe un mondo migliore”, perché almeno si eviterebbero le (per alcuni noiose) lezioni di Storia che per anni accompagnano la nostra educazione scolastica.. E vista la bassa caratura di alcuni insegnanti di questa materia, come dar loro torto?

Eppure, si può dar loro torto, si può. Perché la Storia non è qualcosa che inizia alle nove per finire alle undici il martedì e giovedì mattina, né qualcosa di cui qualche volta all'anno il Presidente della Repubblica di turno chiama in ballo (pur spesso mirabilmente) in occasione delle più importanti ricorrenze. Assolutamente no.

La Storia è tutto ciò che ci sta attorno. I valori che abbiamo abbracciato ora, li ha decisi la Storia; allo stesso modo, ha deciso quelli che abbiamo abbandonato. La nostra economia, la nostra geografia, la nostra politica, la nostra religione, la nostra istruzione: tutto ciò è scaturito dallo scorrere della Storia. Sarebbe opportuno informarsi di tanto in tanto sul nostro passato, per meglio capire il Paese in cui viviamo..ed anche quelli che ci circondano. Perché ce ne sarebbe, da dire...

Come non citare il caso più sfolgorante di tutti, la Svizzera. La Perfect Nation, per molti di noi: ricca, pacifica, indipendente, illuminata da principi liberali e sociali di alto profilo. Poi, aperta la sfolgorante copertina del libro Svizzera, si può passare al capitolo Storia: tra le tante pagine oscure, sicuramente quello che più salta all'occhio è il comportamento elvetico tenuto durante la Seconda Guerra Mondiale. Di neutralità, direte voi. Neanche per sogno! L'oro di Adolf Hitler, bottino di guerra di tante battaglie, fu depositato in Svizzera, e lì ancora ufficialmente rimane. Così scomodo, ma così corposo...

Ma l'alleanza germano-elvetica non si limita al lato finanziario. Fa tristemente sorridere, infatti, investigare su una delle più grandi industrie orologiaie del mondo, la Swatch, marca tradizionalmente svizzera: fu creata da una famiglia ebrea, che ne rimase proprietaria fino all'occupazione Nazista di buona parte dell'Europa. A quel punto, il Governo Svizzero portò coattamente la famiglia Swatch al confine, dove ad aspettarli c'era una squadra SS che gli elvetici si erano premurati di invitare. Consegnato il “pacco”, gli Svizzeri si impossessarono del già importante marchio, diventato così loro “tradizione”. Questo caso fu solo uno dei molti documentati espatri coatti effettuati dal Governo Svizzero, utilizzati soprattutto per impossessarsi di molte attività in mano ebree. Un giorno di qualche anno fa, si effettuò una interrogazione parlamentare a riguardo; durante la lettura di alcuni documenti, l'intera aula si fermò quando fu informata della presenza di un giornalista straniero (nello specifico, statunitense), che fu fatto allontanare prima della ripresa dei lavori. Si dovrebbe sottolineare che il Parlamento, anche in Svizzera, è un luogo pubblico; ma evidentemente, i panni sporchi vanno lavati in casa...

Di chi altri vogliamo parlare? L'assist è fornito qualche riga fa: parliamo degli USA. Non voglio parlare del finto attentato alle Torri Gemelle, e del seguente crollo dei 3 palazzi a Ground Zero (sì, proprio 3, abbattuti con 2 aerei: resa del 150%, notevole); nemmeno parlerò delle immagini del crollo maledettamente simili a quelle di un crollo controllato, o delle fondamenta mostranti acciaio ancora fuso alcuni giorni dopo il crollo; non parlerò nemmeno del “ponte mobile” sullo sfondo delle immagini che i media hanno trasmesso in TV; neppure parlerò del Boeing fiondatosi lo stesso giorno contro il Pentagono, effettuando un volo contro le leggi dell'aerodinamica fino ad impattare contro lo stesso, lasciando intatte le finestre a 2 metri dal luogo d'impatto; neppure parlerò dell'aereo precipitato in Pennsylvania, esempio fenomenale di efficienza delle Forze americane (pochi minuti dopo “l'impatto”, alcuni abitanti locali si precipitarono – perdonate il termine infelice – sul luogo d'impatto, trovando l'area già transennata ed i detriti rimossi).

Parlerò di MKULTRA, programma di controllo della mente messo in atto dalla CIA negli anni del Maccartismo, in risposta ad un simile programma sovietico. Tramite l'azione doppia di LSD (il famoso potente allucinogeno, relativamente nuovo per il periodo) ed elettroshock, si “deprogrammava” il cervello di alcuni poveracci ignari del tutto (i “campioni” per l'elettroshock provenivano da un ospedale psichiatrico canadese, mentre il test LSD era “a sorpresa”), per poi rieducarli in seguito. Ed il tragico è che non era solo una bozza di progetto: l'hanno fatto.

Frank Olson morì durante un test LSD: assunse (a sua insaputa) una eccessiva quantità di allucinogeno, mostrando istantaneamente segni di squilibrio. Gli agenti che lo seguivano lo “confinarono” in un hotel, dalla cui finestra il folle Olson si gettò. Lasciò una famiglia, che solo dopo molto tempo seppe la verità.

Ci sono documenti su molti pazienti che hanno riacquistato la memoria solo molti anni dopo i test ad elettroshock. Senza ricordare cosa sia successo nel frattempo. La tecnica era semplice: pazienti con evidenti disturbi psicofisici, “dimenticati” dalla società e dalle famiglie in istituti appositi, furono sottoposti a questi test: una tensione molto elevata fu applicata alla loro scatola cranica, al fine di – letteralmente – scollegare tra loro le cellule nervose cerebrali, tra cui ovviamente quelle deputate alla memoria. Ma non solo. Ai pazienti post-trattamento fu nuovamente insegnato loro a camminare, a parlare ed a vestirsi, avendo a quel punto la stessa struttura cerebrale di un neonato. O quasi. Stranamente, imparavano più in fretta e con più precisione, segno di un non perfetto trattamento di cancellazione; ma ciò favoriva il loro progetto. Durante il processo di rieducazione, i pazienti subirono intensi trattamenti di indottrinamento, al fine – ovvio – di creare cittadini dalla personalità comandata. Il progetto fu poi abbandonato, per dirigere forze e risorse verso vie più sicure ed efficaci, portando alla ideazione dei reality show...

E' tutto documentato: andate su un motore di ricerca, digitate MKULTRA, e.. Buona lettura. Ringrazio “La Storia siamo noi” ed il grande Giovanni Minoli per aver proposto questo interessantissimo documentario, ormai molti anni fa.



Ma come non concludere parlando di noi. Vogliamo infatti dimenticare Palmiro Togliatti, membro del COMINTERN (organismo internazionale con cui Mosca controllava il comportamento dei Partiti Comunisti – e dei tesserati più influenti – in tutto il mondo), firmatario di molte esecuzioni a morte ai danni di numerosi Comunisti colpevoli di non seguire le direttive sovietiche?








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martedì 22 settembre 2009

Fermare l'immigrazione, direttamente all'origine

“Vogliamo aiutare gli immigrati, a patto che stiano in Africa”. Così disse Bossi, Ministro della Repubblica Italiana. Questa riflessione è nata come risposta alle accuse a lui rivolte da parte di molte agenzie umanitarie (tacciate dalla stampa italiana), in seguito alla triste vicenda dei profughi del Corno d'Africa morti disperatamente in mare. La logica che sta dietro alle sue parole è molto profonda e ragionevole: non dobbiamo certo incentivare il flusso migratorio di questi profughi, ma neppure cacciarli a mare. Sarebbe molto meglio fare in modo da placare le piaghe che generano in loro la necessità, prim'ancora del desiderio, di vendere tutto e partire alla ventura.

Già, ma come aiutarli? Quali sono i progetti del Paese Italia riguardo a questo? Da questo punto di vista, i Governi si assomigliano molto, all'interno così come all'esterno dei confini nazionali: sempre pronti a stanziare finanziamenti durante meeting internazionali quanto altrettanto rapidi nel bloccarli non appena i riflettori si sono spenti.


Ma attenzione: questo non è forzatamente un aspetto negativo. Molte volte, durante le conferenze stampa in cui si annuncia lo stanziamento di questi finanziamenti, non sempre è ben chiaro chi sia il beneficiario degli stessi. Si fa presto a dire “diamo soldi all'Africa”, immaginando la stessa come un grosso salvadanaio nero dentro al quale far tintinnare i nostri pochi spiccioli; ben più difficile, invece, è portare questo denaro alla gente che davvero ne ha bisogno.


Nella maggior parte dei casi, non è sensato dare tali soldi al governante di turno. Molto spesso, infatti, gli stati del Continente Nero sono dilaniati da conflitti interni, e tali soldi finirebbero solo per finanziarli in tali 'opere'. Questi contrasti sono generati da separazioni di comunità a cavallo di due stati confinanti (le cui ragioni sono state esposte nel post di ieri), alla violenta ricerca di una (pur sacrosanta) riunificazione; in altri casi, le importanti risorse di cui l'Africa è dotata attraggono interessi (e capitali) delle potenze Occidentali, intenzionate ad usufruirne al minor costo possibile: a tal fine, finanziano l'ascesa di un gruppo di non meglio specificati ribelli, a patto che una volta raggiunto il potere concedano l'uso delle risorse a prezzo di favore. Dar soldi cash agli Mugabe o Mobutu di turno equivarrebbe a finanziare i loro arsenali bellici: un po' come ha fatto Gheddafi l'autunno scorso, che dopo aver ricevuto 5 miliardi di dollari dall'Italia ha fatto shopping di carri armati russi per un valore di 4 miliardi... O come dimenticare i 4 appartamenti parigini della moglie di Arafat, acquistati con i finanziamenti internazionali alla Palestina...


Tenderei ad escludere queste vie, purtroppo percorse troppe volte in passato, coi risultati di cui sopra. Bisogna investire sul territorio, sui prodotti, sulla merce. E, da questo punto di vista, noi possiamo fare molto: anche nel quotidiano, senza uscire dalla nostra routinaria esistenza. A partire dalla spesa domestica.

Sparsi in quasi tutto il territorio, sebbene non in modo totalmente capillare, si possono trovare i negozi affiliati alla rete “Fair Trade” (Altromercato è la catena più diffusa), attività commerciali che vendono esclusivamente prodotti contrassegnati dal marchio (e dall'etica) Equo e Solidale. Il capo d'abbigliamento che si indossa, piuttosto che il cibo che si consuma, sono prodotti a partire da materie prime ottenute da contadini, allevatori o artigiani di paesi del Terzo Mondo, ed acquistati a prezzo per loro vantaggioso dalle organizzazioni Fair Trade. In molti casi, soprattutto nei prodotti di piccolo artigianato, l'intero ciclo produttivo si compie nei paesi d'origine; a noi non resta che comprarlo. Personalmente, sono solito acquistare cioccolata, tè, tisane, biscotti e marmellate, trovandoli tutti ottimi: vi suggerisco pertanto di andare a visitarli.


Qualora ciò non bastasse a saziare la vostra sete d'altruismo, abbiamo a disposizione una potentissima risorsa, purtroppo pubblicizzata pochissimo qui in Italia: Kiva. Kiva è una società americana nata a San Francisco (California), che basa la sua filosofia sul MicroCredito, concetto che è stato premiato con un recente Nobel per la Pace. Il MicroCredito ribalta il concetto di prestito cui siamo abituati noi: il denaro viene prestato a persone proponenti un progetto valido, eticamente condivisibile e socialmente utile, ad un tasso irrisorio. L'imprenditore ha così per le mani una (pur piccola) somma con la quale riesce ad attuare il progetto ideato, spessissimo portandola a termine, ricavando del denaro da girare in parte alla banca, ed in parte per auto-finanziare una continuazione dell'attività, o – perché no? - un suo ingrandimento. Il tasso bassissimo permette agli imprenditori di ripagare serenamente il prestito (avendo così diritto ad un nuovo eventuale finanziamento), e di guadagnare una somma con cui continuare l'attività ed innalzare il livello di vita proprio e della famiglia.


Kiva fa esattamente questo. Tramite un conto Paypal (lo stesso adoperato per far shopping su moltissimi siti online, come eBay, Skype, e via dicendo), ogni cittadino sulla faccia della Terra è in grado di finanziare (a tasso nullo), con un minimo di 25 dollari americani, un contadino, o un muratore, o un allevatore, o un farmacista, intenzionato ad aprire, proseguire o ingrandire la propria attività. Prima di trasferire il denaro, ognuno di noi è in grado di leggere il progetto del richiedente, informarsi sull'associazione ONLUS che si fa carico di portargli/le il vostro denaro, conoscere alla perfezione quando ripagherà il debito, e via dicendo. Saremo del resto in ogni istante a conoscenza di quali altri Terrestri stiano finanziando lo stesso imprenditore (qualora il denaro da voi prestato dovesse non essere sufficiente), di dove questi siano collocati, e via dicendo. Così, prestiamo il denaro, attendiamo che le rate ci vengano versate sul nostro conto Kiva, fornendo denaro utile per essere ri-prestato (qualora non volessimo ritirarlo a costo zero sul conto Paypal).


In pochi (e documentati) casi, l'imprenditore potrà non essere in grado di ripagare tutta la somma pattuita, a causa spesso di conflitti in quelle zone. Ma il tasso di insolvenza è comunque più basso di quello che si verifica in Italia, a carico delle banche ordinarie... Sarete ad ogni modo informati se l'intermediario ONLUS opera in una zona soggetta a pericoli di tal genere.


E' il primo esempio al mondo di beneficenza in cui sai dove il denaro va a finire; in cui il denaro ti torna indietro, pronto per essere adoperato nuovamente, magari per altre opere di beneficenza; in cui possiamo davvero far partire l'economia di quelle povere zone.


Abbiamo il potere di far vivere una famiglia in condizioni migliori. E senza neppure rimetterci un euro.




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lunedì 21 settembre 2009

Ieri ospiti, oggi osti

L'homo sapiens, l'unica razza d'uomo esistente sulla Terra, nacque in Africa. Da lì, egli si diffuse su tutto il globo, migrando alla ricerca di territori più ospitali in cui sopravvivere, crescere e svilupparsi; terminati questi, si diresse verso gli altri, più impervi ed ardui, ma in cui la concorrenza con altre tribù umane era minore. Tutto ciò fino a colonizzare ed esplorare ogni angolo del globo.

La storia della razza umana, nel suo complesso, si è sviluppata grazie a flussi migratori, qualsiasi ne sia stata la ragione. In Cina ci sono regioni popolate da discendenti dei Romani Imperiali (condividendone ancora molti dei tratti somatici); popolazioni di etnia turca si trovano in Anatolia ed in Mongolia; l'Australia, il Canada, gli stessi Stati Uniti sono paesi le cui origini vanno ricercate in flussi migratori, spesso con risvolti estremamente violenti.

Molti dei prodotti di cui ci nutriamo sarebbero a noi ignoti, se i nostri antenati non avessero sfruttato sfruttato la possibilità di muoversi in lungo ed in largo per il pianeta, spinti da intuito, curiosità, o necessità. I cibi sarebbero insipidi per la mancanza delle spezie, non potremmo gustare una calda tazza di tè o caffè, la nostra bocca sarebbe inconsapevole del sacro sapore del cioccolato.

Ma non solo questo. Alcune delle tecnologie di cui siamo in possesso ora derivano dai continui flussi di popoli di cui si è sempre animata la storia, siano essi stati temporanei o permanenti. La polvere da sparo, a scopo bellico o ludicamente pirico; le imbarcazioni a chiglia; la rotazione delle culture, la stessa Religione.. Questi e centinaia di altri esempi possono essere fatti, ed altrettanti se ne dimenticherebbero.

Saremmo ben poca cosa, se non avessimo mai avuto un contatto con popoli di origine diversa.

Esplorato l'unico mondo che ci è per ora raggiungibile, colonizzato laddove era possibile, lecito e logico colonizzarlo, iniziarono i grandi conflitti che la Storia ha mandato in scena. Con un numero di risorse costante, a fronte di un numero maggiore di utilizzatori (e sempre più affamati), i vari contendenti si scontrarono al fine di ottenere l'uso monopolistico delle stesse, o per avere il diritto di ricavarne ricchezza dal loro commercio. I paesi che uscirono vincitori dai primi conflitti, assunsero sempre più la posizione dominante su ampie aree dello scacchiere mondiale, influenzandone il decorso futuro: il Colonialismo e l'Imperialismo furono le massime espressioni di come i Vincitori potessero calpestare i Vinti, fisicamente e moralmente. Per evitare ribaltamenti dell'ordine delle cose, si cercò in tutti i modi di mantenere il divario più grande possibile, affossando chi era rimasto indietro ed innalzandosi il più possibile al di sopra di essi. Molte etnie scomparvero (molte tribù sudamericane, ad esempio), altre furono emarginate, o confinate in “riserve”, alla stregua di animali in via d'estinzione (altri amerindi, o aborigeni australiani), altre ancora condannate alla eterna fame, per poterle utilizzare come manodopera a costo nullo (gran parte delle etnie centrafricane).

Tutto questo per soddisfare il nostro desiderio di ricchezza, di benessere esteriore, di dominio. Gli Stati Uniti sono una nazione nata sulle ceneri di millenarie etnie viventi in pace ed armonia con la natura (spazzati via durante la gloriosa “epopea dei pionieri”). L'Australia è uno Stato “creato” come immensa prigione di Stato (inglese), a scapito di chi ne faceva la propria terra libera. Moltissimi stati africani hanno i propri confini delimitati da linee rette perché così era stato deciso, a tavolino, dai Colonizzatori che si spartivano il bottino: senza curarsi, ovviamente, di rispettare i confini naturali di etnie, tribù, civiltà. Famiglie separate da confini innaturali ed arbitrari, impossibilitate a riunirsi per questioni burocratiche a loro ignote. Da qui, buona parte dei conflitti tra Stati in corso d'opera in questi decenni, sotto il silenzio ignorante (o colpevole?) dei Mess Media.



E così, la Storia si ripete. Vico ci aveva visto giusto, secoli fa. I popoli soggetti alla povertà, o alla fame, tendono a muoversi liberamente al fine di stabilirsi in una parte di mondo in cui la ricchezza è eccessiva. Così enunciata, sembra una legge fisica: come tale, del resto, si può dimostrare, analizzare, studiare, interpretare. I nostri nonni spesso furono costretti ad espatriare, cercando fortuna in Germania, Belgio, Stati Uniti, o verso il Nord Italia (da molti meridionali all'epoca visto alla stregua di uno stato estero).. E furono maltrattati, emarginati, ghettizzati, per le loro misere condizioni e per la loro differente origine. Molti finirono per fare i lavori più umili, spesso morendo a decine in miniere o cantieri; altri, meno onesti e disposti al sacrificio, organizzarono associazioni clandestine e malavitose, meglio note come Mafia. Poi, le popolazioni locali impararono a convivere con loro ed essi si adattarono, assumendone usi e costumi da affiancare alle proprie, fino a diventare avi di personalità note nel mondo della musica pop (Madonna), del cinema (Al Pacino, Robert De Niro), o sindaci di New York (Rudolph Giuliani).

La ruota poi girò, il nostro paese si arricchì (anche grazie alle esperienze oltre-confine dei nostri avi), e diventammo meta di flussi migratori, non più origine. Dimostrammo di non aver imparato per nulla la lezione che il trattamento ricevuto dai nostri avi avrebbe dovuto insegnarci, rendendoci partecipi di fenomeni di intolleranza al limite del razzismo (molto spesso, oltre): iniziammo ben presto a ghettizzare gli immigrati – anche se regolari, sia ben chiaro – e li sfruttammo per i lavori più umili, con paghe da fame, quasi perché essendo in Italia fossero in grado di nutrirsi di questa consapevolezza. Muoiono come mosche nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi, incrementando solo marginalmente le statistiche dei caduti sul lavoro poiché irregolari, senza che si guadagnino alcun titolo di giornale.

Eppure, costruiscono le nostre strade e le nostre case, perché per noi è rischioso; raccolgono i prodotti dei nostri campi, perché per noi è faticoso; puliscono le nostre città, le nostre abitazioni, perché per noi è umiliante; accudiscono i nostri nonni, perché noi non abbiamo tempo per farlo.

Ma a noi piace ricordarli per i loro delitti, i loro crimini, leggendo statistiche senza sapere come vengono stilate. Ci raccontano che i crimini effettuati dai cittadini italiani sia in percentuale minore rispetto a quelli degli immigrati. Si dimentica che però questi non possono permettersi una truppa di avvocati che, sfruttando vari cavilli, riescano a strappare una assoluzione, una archiviazione. Si dimentica che un poliziotto o un pubblico ministero sia, per l'atmosfera che respira attorno, maggiormente intenzionato a fermare un immigrato piuttosto che un italiano. Si dimentica infatti che l'opinione pubblica sia maggiormente sensibile alla libertà lasciata ad un immigrato piuttosto che ad un compatriota (il piccolo Tommy fu ucciso da un pregiudicato italiano lasciato troppo facilmente libero dalla Legge; una ragazza a Roma NON fu violentata da un pregiudicato rom lasciato altrettanto facilmente libero dalla Legge. Ma su qual caso i media fecero maggior pressione?).

Con questo, non voglio negare gli evidenti episodi di criminalità di cui gli immigrati si rendono protagonisti; solo, non vanno enfatizzati in modo ingiustificato.

Così come andrebbe fatta un po' più di informazione corretta. La Santanché che durante la festa di fine Ramadan va a togliere a forza il velo alle donne islamiche... E poi i ministri amici suoi a supportarla, accusando gli altri di intolleranza. Durante la Messa di Natale, o durante la Via Crucis il venerdì di Pasqua, immaginatevi un Musulmano che va a strappare di testa il velo ad una suora. Cosa succederebbe?

Spesso si dimentica come il paragone NON vada fatto tra noi cittadini laici ed i musulmani, MA tra loro ed il nostro clero. In molti paesi (ad eccezione, ad esempio, della Turchia), laddove vige la Legge Islamica, ogni cittadino è al tempo stesso un religioso. Quando parliamo di Chiese in Arabia e Moschee in Italia, sbagliamo: noi siamo uno stato laico, loro no. Andiamo a costruire una Chiesa in Iran, o andiamo a costruire una Moschea in Città del Vaticano: avremo le stesse identiche probabilità di insuccesso.

Innegabile come la civiltà in alcuni paesi debba crescere ancora molto, da questo punto di vista. Bisognerebbe però evitare di porsi in una posizione di superiorità assoluta, quando si trattano certi argomenti: in Turchia, ad esempio, paese islamico laico, una donna ha già avuto l'onore di diventare Primo Ministro. Qui? No, e non lo sarà per molto, finché le donne verranno scelte per l'aspetto fisico (la carriera della Carfagna si dimostrerà più rapida di quella della Bindi, nonostante evidentissime differenze di capacità politiche..). Allo stesso modo, anche la nostra coscienza storica non è affatto pulita: durante l'Inquisizione e le Guerre di Religione, abbiamo dimostrato anche noi di essere capaci di gravi crimini contro il 'gentil sesso' ed i dissidenti religiosi.


Tanti argomenti ho trattato in queste mie righe: cercherò di approfondirli più in dettaglio nei prossimi giorni, sperando di commentare i miei scritti con voi.




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domenica 20 settembre 2009

L'illusione del Nucleare a basso costo

In questi giorni, si parla con molta facilità dell'intelligente investimento dell'Italia nel Nucleare. Intelligente perché si andrà a guadagnare l'indipendenza dal petrolio, dai paesi dell'OCSE e dalle loro politiche imprevedibili, e perché si abbatteranno i costi energetici.
Ma è davvero così?
Per verificare se una fonte energetica è davvero efficiente e competitiva, il parametro base da analizzare è l' EROEI (o EROI). Il link manda direttamente a Wikipedia, così da informarvi sull'argomento in modo adeguato.
In poche parole, che significa? Questo parametro permette di calcolare il rendimento energetico della fonte da sfruttare: tanto più alto è EROEI, tanto più una fonte è conveniente.
Bene, vediamo ora qual è la situazione tra le fonti energetiche in uso:

Questa era la situazione, alcuni anni fa (1986). Si veda, comunque, come il petrolio ed il carbone stiano diventando sempre meno efficienti; ciò non indica che i combustibili fossili stiano per terminare, bensì è terminata la loro disponibilità a basso costo.
D'altro canto, la situazione muta. Vediamo uno studio più attuale, che si sofferma maggiormente sulle risorse alternative ai fossili:
Si vede come il nucleare non sia poi quella manna dal cielo che in molti vogliono farci credere. Solo, è così economica perché sovvenzionata, tenuta in piedi dai finanziamenti pubblici.
I grafici qui illustrati lo dimostrano chiaramente: il nucleare non è la soluzione per i problemi energetici.
Prim'ancora di considerarne l'impatto ambientale, prim'ancora di considerare il problema politico dell'approvvigionamento delle risorse, prim'ancora di considerare dove collocare le centrali e stoccare le risorse, consideriamo il lato economico. Ci sono fonti che convengono molto di più, che richiedono meno energia per poterne produrre.
Potete trovare molti grafici, che trattano situazioni diverse (come quello seguente)
Ma il dato risultante è sempre lo stesso.
IL NUCLEARE NON CONVIENE. Nemmeno economicamente.
E volete che convenga dal punto di vista ambientale???



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venerdì 18 settembre 2009

Mondo marcio


Scrivo. Devo scrivere. Ho bisogno di prendere un capo del filo di pensieri che rimbalzano tra le pareti della mia mente, per poi tirarlo a me.
Il filmato arrivatomi oggi via Facebook da Roberto mi ha mutato la giornata. Era allegra, fino a quel momento, allegra nella sua ignoranza. Poi, quelle immagini di soldati divertiti dal farsi rincorrere da un bimbo iracheno desideroso della bottiglia d'acqua che quelli brandivano dall'alto del loro carro, dallo sparare colpi contro moschee inveendo contro le stesse... Ho pensato che non ce la faremo mai. I “valori” che ci piace dipingerci addosso in seguito a tragedie come quella di ieri, mostrandoli piuttosto che possedendoli, nell'arco di un paio di giorni spariranno. Spariranno come spariscono i 2 milioni di dollari che il Governo Statunitense spende ogni ORA per sostenere la guerra del petrolio iracheno ed afgano. Spariranno come spariscono rapidamente le notizie dei morti americani che queste guerre stanno portando, superando le morti dovute all'attentato alle Torri Gemelle. Spariranno come stanno sparendo le città afgane ed irachene, come stanno sparendo le strutture civili che dovrebbero permettere il funzionamento di quelle rimaste. Come stanno sparendo le persone stesse. In Yemen, si sta combattendo una guerra civile tra il Governo locale ed una minoranza sciita, con migliaia e migliaia di profughi in fuga: ieri, in un campo tra questi, un raid aereo ha ucciso 80 tra donne e bambini.
L'Africa è dilaniata da conflitti tra infinite minoranze che salgono e scendono dal trono del potere a seconda del favore del commerciante d'armi di turno. A noi piacciono i diamanti, piace l'oro, piace il petrolio, piace il parquet, piace l'avorio, ma non ci chiediamo mai da dove vengono, e qual è stato il prezzo in vite umane di quel bene. Non ce lo chiediamo perché non sappiamo, o peggio perché non lo vogliamo sapere. La Cina sta via via comprandosi l'Africa, stato per stato. I Cinesi non hanno pane, così come gli Indiani. Sono in troppi. I loro terreni, sovrasfruttati ed inquinati, non possono più produrre a sufficienza, così si va altrove. Africa e Brasile stanno diventando colonie economiche di questi due paesi. Si tagliano le più grandi foreste pluviali del Pianeta, e si coltiva per sfamare popolazioni incapaci di essere autosufficienti: niente o limitato controllo delle nascite in India, assente controllo ecologico in Cina (e seguente perdita in terreni coltivabili). In Bangladesh, migliaia e migliaia di persone sono costrette a vivere in una zona soggetta ad alluvioni decennali: ogni dieci anni muoiono decine di migliaia di persone (125.000 nel solo 1991), ma ciononostante continuano a vivere in quelle zone. Perché? Perché nel resto del paese non c'è posto per loro. Non c'è. O vivi qui e muori ogni dieci anni, o non vivi. E così giocano consapevolmente alla roulette russa, purtroppo truccata, maledettamente truccata. In Somalia, la popolazione si ribella alla presenza “pacificatrice” dell'ONU, poiché i Caschi Blu sono spesso protagonisti di violenze sessuali ai danni di donne dei villaggi; donne e bambine, dai sei anni in su. Solo che loro il preservativo lo usano. In Thailandia, organizzazioni di Occidentali (tra cui anche molti Italiani, come le stesse Iene hanno documentato) gestiscono agenzie turistiche finalizzate al sesso pedo, in cui bambini e bambine dai 7 anni in su sono economicamente costretti a prostituirsi per poter mangiare. Ovviamente i turisti sono Occidentali. In Cambogia, si fa addirittura di peggio, poiché si possono comprare 'in toto' tali bimbi e bimbe: le famiglie sono costrette a venderli, per poter sopravvivere.
Sul numero di Scienze di questo mese, si mostra una foto di una distribuzione d'acqua dolce in Etiopia. Perché non ci sono distributori, e l'acqua viene distribuita (a discrezione del donatore) in vasconi, e chiaramente non si può sprecare acqua per pulirli. L'acqua è marrone. Un bimbo si fionda dentro per poterne bere quanta più possibile prima che venga presa anche da altri, ricevendo una bastonata dal “guardiano” della vasca stessa: il bimbo non può entrarci, poiché la sporca ancor di più, e perché altri potrebbero prenderne esempio. Questo succede, laddove l'acqua dolce scarseggia. Pensateci, quando vedete un rubinetto aperto, o quando una vostra conoscenza vi racconta delle sue docce dalla durata di ore.
E quando provano a salvare la propria vita approdando laddove la vita è migliore, noi li rimandiamo indietro. “Vadano a lavorare a casa loro”, dice qualcuno. Certo, perché poi ci vai tu a raccogliere pomodori nei campi 16 ore al giorno d'estate pagato 80 centesimi all'ora, senza garanzie di lavorare il giorno dopo. Facevamo lo stesso noi Italiani, molti anni fa, quando eravamo noi ad emigrare. “Portano criminalità; siano criminali a casa loro”, dicono altri. Ogni minoranza emarginata diventa violenta, e si difende – pur rimanendo nel torto, chiaro. Così come accadde a noi: non abbiamo forse esportato la Mafia negli States? E non siamo noi Occidentali, con la nostra Industria delle Armi, con la nostra voglia di legno pregiato, di oro e gioielli, non siamo noi a portare la guerra in casa loro? Gli Africani scappano dalla loro Nazione, perché noi gliela stiamo distruggendo.
Perché gli aiuti delle Nazioni vengono dati ai capi dei Governi africani come denaro liquido contante, anziché come tecnologie? Perché non diamo loro Internet, così imparano dagli Israeliani a desalinizzare le acque salate e ad irrigare i campi con pochissime risorse idriche? Perché non imponiamo alle Multinazionali di vendere ai contadini africani sementi OGM non controllate, sterili, che obbligano i coltivatori a comprare semenze ogni anno? Perché non andiamo a vedere in che condizioni lavora la Caritas, a bordo di non certo economici SUV pagati con le nostre donazioni? Perché la maggior parte delle donazioni è orientata a progetti di sostentamento della popolazione, anziché a progetti che mirino a renderla indipendente dalla nostra presenza? Che senso ha sfamare indistintamente i bambini africani, senza dar loro possibilità di sostentarsi autonomamente in futuro? Stiamo crescendo una generazione di affamati, che morirà di malattie, di mancanza di cibo, ma probabilmente solo dopo aver dato alla luce una nuova generazione, maggiore in numero, da sostentare con risorse alimentari destinate ad altri paesi, come le sopra citate Cina ed India.
Ma a noi sta bene così. Finché funziona la TV, friggitrice di cervelli, che ci dice quello che noi vogliamo sentirci dire e ci mostra quello che vogliamo vedere, beh tutto va bene.





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sabato 5 settembre 2009

Gita a Nice Ville








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