lunedì 21 settembre 2009

Ieri ospiti, oggi osti

L'homo sapiens, l'unica razza d'uomo esistente sulla Terra, nacque in Africa. Da lì, egli si diffuse su tutto il globo, migrando alla ricerca di territori più ospitali in cui sopravvivere, crescere e svilupparsi; terminati questi, si diresse verso gli altri, più impervi ed ardui, ma in cui la concorrenza con altre tribù umane era minore. Tutto ciò fino a colonizzare ed esplorare ogni angolo del globo.

La storia della razza umana, nel suo complesso, si è sviluppata grazie a flussi migratori, qualsiasi ne sia stata la ragione. In Cina ci sono regioni popolate da discendenti dei Romani Imperiali (condividendone ancora molti dei tratti somatici); popolazioni di etnia turca si trovano in Anatolia ed in Mongolia; l'Australia, il Canada, gli stessi Stati Uniti sono paesi le cui origini vanno ricercate in flussi migratori, spesso con risvolti estremamente violenti.

Molti dei prodotti di cui ci nutriamo sarebbero a noi ignoti, se i nostri antenati non avessero sfruttato sfruttato la possibilità di muoversi in lungo ed in largo per il pianeta, spinti da intuito, curiosità, o necessità. I cibi sarebbero insipidi per la mancanza delle spezie, non potremmo gustare una calda tazza di tè o caffè, la nostra bocca sarebbe inconsapevole del sacro sapore del cioccolato.

Ma non solo questo. Alcune delle tecnologie di cui siamo in possesso ora derivano dai continui flussi di popoli di cui si è sempre animata la storia, siano essi stati temporanei o permanenti. La polvere da sparo, a scopo bellico o ludicamente pirico; le imbarcazioni a chiglia; la rotazione delle culture, la stessa Religione.. Questi e centinaia di altri esempi possono essere fatti, ed altrettanti se ne dimenticherebbero.

Saremmo ben poca cosa, se non avessimo mai avuto un contatto con popoli di origine diversa.

Esplorato l'unico mondo che ci è per ora raggiungibile, colonizzato laddove era possibile, lecito e logico colonizzarlo, iniziarono i grandi conflitti che la Storia ha mandato in scena. Con un numero di risorse costante, a fronte di un numero maggiore di utilizzatori (e sempre più affamati), i vari contendenti si scontrarono al fine di ottenere l'uso monopolistico delle stesse, o per avere il diritto di ricavarne ricchezza dal loro commercio. I paesi che uscirono vincitori dai primi conflitti, assunsero sempre più la posizione dominante su ampie aree dello scacchiere mondiale, influenzandone il decorso futuro: il Colonialismo e l'Imperialismo furono le massime espressioni di come i Vincitori potessero calpestare i Vinti, fisicamente e moralmente. Per evitare ribaltamenti dell'ordine delle cose, si cercò in tutti i modi di mantenere il divario più grande possibile, affossando chi era rimasto indietro ed innalzandosi il più possibile al di sopra di essi. Molte etnie scomparvero (molte tribù sudamericane, ad esempio), altre furono emarginate, o confinate in “riserve”, alla stregua di animali in via d'estinzione (altri amerindi, o aborigeni australiani), altre ancora condannate alla eterna fame, per poterle utilizzare come manodopera a costo nullo (gran parte delle etnie centrafricane).

Tutto questo per soddisfare il nostro desiderio di ricchezza, di benessere esteriore, di dominio. Gli Stati Uniti sono una nazione nata sulle ceneri di millenarie etnie viventi in pace ed armonia con la natura (spazzati via durante la gloriosa “epopea dei pionieri”). L'Australia è uno Stato “creato” come immensa prigione di Stato (inglese), a scapito di chi ne faceva la propria terra libera. Moltissimi stati africani hanno i propri confini delimitati da linee rette perché così era stato deciso, a tavolino, dai Colonizzatori che si spartivano il bottino: senza curarsi, ovviamente, di rispettare i confini naturali di etnie, tribù, civiltà. Famiglie separate da confini innaturali ed arbitrari, impossibilitate a riunirsi per questioni burocratiche a loro ignote. Da qui, buona parte dei conflitti tra Stati in corso d'opera in questi decenni, sotto il silenzio ignorante (o colpevole?) dei Mess Media.



E così, la Storia si ripete. Vico ci aveva visto giusto, secoli fa. I popoli soggetti alla povertà, o alla fame, tendono a muoversi liberamente al fine di stabilirsi in una parte di mondo in cui la ricchezza è eccessiva. Così enunciata, sembra una legge fisica: come tale, del resto, si può dimostrare, analizzare, studiare, interpretare. I nostri nonni spesso furono costretti ad espatriare, cercando fortuna in Germania, Belgio, Stati Uniti, o verso il Nord Italia (da molti meridionali all'epoca visto alla stregua di uno stato estero).. E furono maltrattati, emarginati, ghettizzati, per le loro misere condizioni e per la loro differente origine. Molti finirono per fare i lavori più umili, spesso morendo a decine in miniere o cantieri; altri, meno onesti e disposti al sacrificio, organizzarono associazioni clandestine e malavitose, meglio note come Mafia. Poi, le popolazioni locali impararono a convivere con loro ed essi si adattarono, assumendone usi e costumi da affiancare alle proprie, fino a diventare avi di personalità note nel mondo della musica pop (Madonna), del cinema (Al Pacino, Robert De Niro), o sindaci di New York (Rudolph Giuliani).

La ruota poi girò, il nostro paese si arricchì (anche grazie alle esperienze oltre-confine dei nostri avi), e diventammo meta di flussi migratori, non più origine. Dimostrammo di non aver imparato per nulla la lezione che il trattamento ricevuto dai nostri avi avrebbe dovuto insegnarci, rendendoci partecipi di fenomeni di intolleranza al limite del razzismo (molto spesso, oltre): iniziammo ben presto a ghettizzare gli immigrati – anche se regolari, sia ben chiaro – e li sfruttammo per i lavori più umili, con paghe da fame, quasi perché essendo in Italia fossero in grado di nutrirsi di questa consapevolezza. Muoiono come mosche nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi, incrementando solo marginalmente le statistiche dei caduti sul lavoro poiché irregolari, senza che si guadagnino alcun titolo di giornale.

Eppure, costruiscono le nostre strade e le nostre case, perché per noi è rischioso; raccolgono i prodotti dei nostri campi, perché per noi è faticoso; puliscono le nostre città, le nostre abitazioni, perché per noi è umiliante; accudiscono i nostri nonni, perché noi non abbiamo tempo per farlo.

Ma a noi piace ricordarli per i loro delitti, i loro crimini, leggendo statistiche senza sapere come vengono stilate. Ci raccontano che i crimini effettuati dai cittadini italiani sia in percentuale minore rispetto a quelli degli immigrati. Si dimentica che però questi non possono permettersi una truppa di avvocati che, sfruttando vari cavilli, riescano a strappare una assoluzione, una archiviazione. Si dimentica che un poliziotto o un pubblico ministero sia, per l'atmosfera che respira attorno, maggiormente intenzionato a fermare un immigrato piuttosto che un italiano. Si dimentica infatti che l'opinione pubblica sia maggiormente sensibile alla libertà lasciata ad un immigrato piuttosto che ad un compatriota (il piccolo Tommy fu ucciso da un pregiudicato italiano lasciato troppo facilmente libero dalla Legge; una ragazza a Roma NON fu violentata da un pregiudicato rom lasciato altrettanto facilmente libero dalla Legge. Ma su qual caso i media fecero maggior pressione?).

Con questo, non voglio negare gli evidenti episodi di criminalità di cui gli immigrati si rendono protagonisti; solo, non vanno enfatizzati in modo ingiustificato.

Così come andrebbe fatta un po' più di informazione corretta. La Santanché che durante la festa di fine Ramadan va a togliere a forza il velo alle donne islamiche... E poi i ministri amici suoi a supportarla, accusando gli altri di intolleranza. Durante la Messa di Natale, o durante la Via Crucis il venerdì di Pasqua, immaginatevi un Musulmano che va a strappare di testa il velo ad una suora. Cosa succederebbe?

Spesso si dimentica come il paragone NON vada fatto tra noi cittadini laici ed i musulmani, MA tra loro ed il nostro clero. In molti paesi (ad eccezione, ad esempio, della Turchia), laddove vige la Legge Islamica, ogni cittadino è al tempo stesso un religioso. Quando parliamo di Chiese in Arabia e Moschee in Italia, sbagliamo: noi siamo uno stato laico, loro no. Andiamo a costruire una Chiesa in Iran, o andiamo a costruire una Moschea in Città del Vaticano: avremo le stesse identiche probabilità di insuccesso.

Innegabile come la civiltà in alcuni paesi debba crescere ancora molto, da questo punto di vista. Bisognerebbe però evitare di porsi in una posizione di superiorità assoluta, quando si trattano certi argomenti: in Turchia, ad esempio, paese islamico laico, una donna ha già avuto l'onore di diventare Primo Ministro. Qui? No, e non lo sarà per molto, finché le donne verranno scelte per l'aspetto fisico (la carriera della Carfagna si dimostrerà più rapida di quella della Bindi, nonostante evidentissime differenze di capacità politiche..). Allo stesso modo, anche la nostra coscienza storica non è affatto pulita: durante l'Inquisizione e le Guerre di Religione, abbiamo dimostrato anche noi di essere capaci di gravi crimini contro il 'gentil sesso' ed i dissidenti religiosi.


Tanti argomenti ho trattato in queste mie righe: cercherò di approfondirli più in dettaglio nei prossimi giorni, sperando di commentare i miei scritti con voi.




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