sabato 17 ottobre 2009

Democrazia, rappresentativa o delegata

Manzoni era una persona dotata di un intelletto straordinario: la caratura delle sue opere lo hanno reso eterno. Per via di alcuni frammenti, inoltre, lo possiamo considerare “preveggente”. Il latinorum dell'Azzeccagarbugli è passato dagli avvocati al mondo della politica e del giornalismo, mantenendo intatti gli scopi dell'illustre antenato della stirpe dei ciarlatani odierni: parlare apparendo eruditi, vendendo fumi dalle sembianze di fatti.
Si parla, infatti, sempre più spesso di Democrazia. La Democrazia è in pericolo, attaccata dall'una o dall'altra parte; ma la Democrazia è salvaguardata dal “Ghe pensi mi”, o piuttosto dalla Costituzione; in un Paese Democratico, i magistrati devono essere eletti dal popolo, ed in un Partito Democratico il leader dev'essere eletto dalla gente; è democratico criticare l'allenatore della Nazionale, che ha tuttavia il democratico diritto di incazzarsi. Ma cos'è, la Democrazia?
Questa è, letteralmente, il governo del popolo. Punto. In un paese democratico, il popolo ha in mano il potere della Nazione, il popolo ha costruito i pilastri della Repubblica, il popolo ha delineato le leggi dello Stato. Ma, chiaramente, è il popolo as is non può gestire unitariamente una faccenda complessa come la Cosa Pubblica, a causa dei grandi ed invalicabili limiti organizzativi di una gestione globale.
Si passò, quindi, alla Democrazia Rappresentativa: il popolo, non potendo gestire direttamente le faccende di Stato, elegge direttamente alcuni suoi rappresentanti, cui concede fiducia perché si adoperi secondo le direttive che l'elettore gli ha affidato al momento dell'elezione. Il Rappresentante del cittadino, un suo dipendente quindi (poiché da egli stipendiato), è incaricato dallo stesso per fare ciò per cui lo ha incaricato. Tutte le persone che si siedono (o NON si siedono) al Parlamento, di conseguenza, sono dipendenti pubblici, che devono rispondere delle loro azioni ai propri elettori; sono (o sarebbero, come vedremo) dagli elettori stessi incaricati di agire per il loro bene, portando a termine il programma che hanno affidato loro (o che avrebbero dovuto affidare).
Ma, nel caso non unico del sistema italiano, come anche i meno attenti tra voi avranno potuto notare, ci sono evidenti divergenze rispetto a quanto la Democrazia Rappresentativa prevederebbe. In prima istanza, il Parlamentare NON risponde delle sue azioni all'elettorato, bensì alla Direzione del suo Partito di appartenenza: c'è una logica, che sarà spiegata tra poco; per ora, soffermiamoci sul significato di ciò. In pratica, il Parlamentare ha cessato di essere un dipendente dell'elettore, ma un dipendente del Partito di riferimento: potrà votare contro l'elettore senza che questi possa in alcun modo reagire, mentre non potrà votare contro il Partito rimanendo indenne (si veda il caso di Paola Binetti, PD). Come secondo punto, il programma NON è più dato dall'elettore al proprio rappresentante: sarà il suo Partito, il suo datore di lavoro quindi, a delineare il programma – spessissimo, senza possibilità da parte dell'elettore di poterlo modificare, correggere, o anche solo commentare – ed a vegliare affinché si adoperi in favore dello stesso.
Ma il problema più grave, nonostante lo stia citando come terzo, è la mancanza dell'elezione diretta del Parlamentare da parte dell'elettore. La nostra Democrazia Rappresentativa non prevede la possibilità che l'elettore possa scegliere il nome ed il cognome del proprio rappresentante, che – ancora una volta – sarà scelto unicamente dal Partito, unico elemento di scelta del cittadino con la matita in mano all'interno del seggio.
Con una croce, questo sceglierà tutto: sceglierà l'organo cui affidare il programma, da loro redatto e spesso blindato; sceglierà l'organo che a sua volta sceglierà i “rappresentanti” da far accomodare in Parlamento; e, ovviamente, sceglierà l'organo che sorveglierà l'operato di questo rappresentante, a tutela però non più dell'elettore ma dell'organo stesso.
In questo modo, però, la definizione di Democrazia Rappresentativa cessa di avere significato. Si tratta piuttosto di una Democrazia Delegata, nella quale l'elettore delega ogni suo potere al Partito che ha scelto: dopodiché, fino alla successiva elezione, il cittadino è completamente avulso dalla gestione della Cosa Pubblica. Non è in suo potere richiamare, o sollevare dall'incarico, il proprio “rappresentante” qualora questo si stesse comportando impropriamente, mentre potrà farlo il Partito in vece loro. Non è in suo potere informare il Partito sul da farsi di fronte a scelte importanti sopravvenute in seguito al momento dell'elezione; sarà invece il Partito stesso a decidere autonomamente. Non è spesso neppure in grado di far sentire la propria voce tramite il Referendum, poiché i Partiti possono “addormentarlo” in un cassetto per anni.
Non abbiamo più alcun potere. Siamo stati esautorati, e non ce ne rendiamo conto. Sosteniamo Tizio piuttosto che Caio in base a quello che dicono, quando in realtà dovrebbero dire quello che NOI abbiamo insegnato loro. I nostri rappresentanti, assentandosi troppo spesso senza giustificazione dal loro posto di lavoro, si rifiutano di rappresentarci, ma non abbiamo la possibilità di rifiutarci di farci rappresentare ulteriormente.
Il potere del popolo, la Democrazia, in Italia inizia con \ e finisce con /. Una X: questa è, infatti, l'unica via attraverso la quale il popolo può farsi sentire, ed attraverso la quale è ascoltato.
E', questa, Democrazia?



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