lunedì 5 ottobre 2009

Il gioco al massacro contro il PD

Da tempo ormai, da media ed opinione pubblica si sta scatenando una campagna denigratoria nei confronti del Partito Democratico, “reo” di non aver sufficientemente soddisfatto il popolo dell'opposizione. Varie sono le vie tramite le quali il partito ha raggiunto tale poco desiderabile obiettivo: opposizione di basso profilo (che potrebbe accontentare i minimalisti, ma che ai più appare come una scelta debole), dialettica interna troppo pubblicizzata e malgestita (si parla tantissimo di fronte a microfoni e taccuini, per poi trovarsi misteriosamente muti e concordi durante congressi ed assemblee) oltre che spesso scarna di contenuti (i più grandi dibattiti sono avvenuti per questioni interne al partito, più che su un singolo fatto di politica “pratica”), contrapposizione tra la promessa gestione federale del partito ed il controllo oligarchico messo in atto (come si può vedere chiaramente dalla polemica nata dal voto nei vari circoli, storia di questi giorni), legami non ancora rotti con il passato (ipotetica “superiorità morale” del centro-sinistra, tutta da verificare; dualismo mai sopito ex-DS vs ex-Margherita). Insomma, le questioni sulle quali criticare il PD certo non mancano, e molti elettori – non trovando risposte – si stanno direzionando altrove.

Avendo fiutato quest'atmosfera, tre tra i volti più attraenti (politicamente parlando) della concorrenza la stanno cavalcando al fine di accalappiarsi i voti dispersi. Non è infatti mistero che Beppe Grillo, Antonio Di Pietro e PierFerdinando Casini stiano ultimamente marcando pesante il PD: vediamoli in dettaglio.
Il primo si è lanciato in un (curioso) avanzamento della propria candidatura a Segretario Generale; ma solo in pochi avrebbero potuto credere alla serietà di tale proposta...tra cui, pare, i principali esponenti dei Democratici. Grillo ha provocatoriamente lanciato l'amo del rinnovamento della classe dirigenziale del partito, spesso sempre più simile ad una casta, causandone una risposta degna di una vera casta: i vari Fassino, D'Alema, Rutelli & Co. hanno subito fatto quadrato, adducendo motivazioni spesso grottesche per bloccarne la candidatura. Si sono resi autori di un clamoroso autogoal, per le seguenti ragioni: hanno messo in campo contro Grillo un'opposizione più dura e decisa di quella fatta contro Berlusconi; inoltre, hanno dato l'idea di ritenere credibile la candidatura del “comico” genovese, e soprattutto potenzialmente popolare presso l'elettorato, tanto da bloccarlo sul nascere. Fossero stati sicuri di una sua sconfitta, lo avrebbero trattato come Marino: oscurato, trascurato, accantonato come una scomoda percentuale da tenersi amica solo per eventuali ballottaggi. Un ristretto gruppo di persone che si sostituisce alla scelta popolare al fine di difenderne la posizione (cosa che Berlusconi non può fare, meritandosi una opposizione più blanda?), non può forse essere chiamato casta? A me pare di sì.

Il secondo, invece, forte dei risultati alle Europee, spinge – spesso fin troppo – sull'acceleratore dell'antiberlusconismo, non mancando l'occasione di sottolineare come i suoi “alleati” siano soffici nei confronti del Ducetto di Arcore. Alzando i toni del dibattito, prontamente seguito dall'opposizione, si eleva ad un livello non raggiungibile (per loro volontà) dal PD, che vorrebbe mantenersi su toni più cauti per non scontentare l'elettorato moderato, temendo vada a rimpolpare i ranghi dell'UDC. Ed ecco venire quindi fuori i riferimenti a Videla, i paragoni col sistema mediatico del Terzo Reich Hitleriano (ricordate Goebbels, che diceva “una menzogna raccontata mille volte diventa una verità”) - e solo con quello, che suscitano effetto nei cuori degli antiberlusconiani convinti – elettorato prediletto del Burrito molisano, ma distolgono l'oppositore più cauto, spesso il cattolico praticante, che si allontana per arco riflesso da chiunque pronunci nomi altisonanti di dittatori passati. Ci penserà la Provvidenza, a salvarci.

O forse, un Democristiano senza Se e senza Ma.. Ed ecco che si mette a tavola anche il brizzolato Casini, che sfrutta la debole alleanza tra il PD ed il IdV per attrarre la componente cattolica che non gradisce le mefistofeliche sfuriate del leader di quest'ultimo. In TV a mostrare il suo bel viso rassicurante, educatamente non smette di ricordarci che – in faccia alla laicità sancita dalla Costituzione, oltre che dal comune buon senso – la loro politica è orientata da e verso il Vaticano.
E così il PD si trova attaccato da più fronti. La credibilità dell'intoccabile schiera di comando intaccata dal pur sudato Grillo Incazzato; la capacità di fare opposizione decisa offuscata dal pur sgrammaticato Tonino Furioso; il legame col mondo cattolico indebolito dal pur colluso Azzurro Caltagirone in Casini... Forse è troppo, per un partito la cui identità è – due anni dopo la sua formazione – ancora tutta da scoprire.

Più fortemente riformista, strappando alcune delle proposte inserite da Grillo nel programma del suo nascente Movimento? Più strettamente legato alla legalità delle Istituzioni (ai danni di Berlusconi, in primis), facendo propria la linfa vitale dell'Italia dei Valori? O più moderatamente ispirato dai principi della religione cattolica, prendendo il campo dell'UDC (o, per gli amici, Unione dei Carcerati)?
Vedremo cosa accadrà in sede congressuale. Il PD dovrebbe essere sempre più consapevole dei tre “avvoltoi” pronti a banchettare sul suo cadavere, qualora questo dovesse mostrarsi inabile a risolvere i severi problemi che lo affliggono.
Ma certo, non si deve ricorrere all'eutanasia – come sta ultimamente tentando Rutelli, proclamandosi insoddisfatto del partito tanto da non ritenerlo suo (pur rimanendoci dentro); o attentarne a morte violenta, come la recente nota de L'Antefatto – riguardante il pur clamoroso e pesante assenteismo del PD in sede di votazione dello scudo fiscale, adoperando in modo maldestro ed incorretto i suddetti dati per screditare il partito.
Bisogna lottare, ognuno con le proprie armi, sui contenuti, e su tali basi contendersi l'elettorato. Bombardamenti interni (senza sviluppi) di Finiana memoria da parte di Rutelli, o attacchi pericolosamente tendenti allo stile-Feltri come quello de L'Antefatto, fanno parte della sfera dell'antipolitica che è propria dell'altro lato del Parlamento.
Da cui dobbiamo fuggire.





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